Ti racconto un po’ di me.

lagabri da piccola, negli anni ’60, la chiamavano Gabi.  Alle elementari questo, insieme al fatto che portava gli occhiali e aveva una mamma straniera che non veniva a prenderla a scuola, bastò a scatenare parecchie ironie. La piccola Gabi ci rimaneva molto male.
Voleva picchiare tutti, ma imparò presto che le parole sono più efficaci dei pugni, quindi si attrezzò di conseguenza.

All’inizio fu difficile: in seconda elementare faceva ancora un po’ di confusione con la scrittura, per il bilinguismo. Tuttavia, arrivata alla quarta, la vecchia maestra leggeva in classe i suoi “pensierini”. Poi arrivò il giorno in cui le disse: “Scrivi: ti sentirai meglio.”
Aveva ragione.

Ecco. La mia storia inizia così. Il suggerimento della maestra Clementina, che batteva il righello sul palmo aperto dei suoi alunni insolenti e fannulloni, è stato salvifico.
Mi sono innamorata presto del potere e della magia delle parole.
Altrettanto presto ho compreso l’importanza di farsi da parte per ascoltare.

A otto anni facevo l’interprete, nel senso più ampio della parola. Dovevo interpretare e tradurre quello che si dicevano, dalla lontananza siderale del loro modo di intendere la vita, i miei familiari, giocando una partita casalinga Italia-Germania rimasta senza vincitori. Parlavano lingue diverse ed ero l’unica a conoscerle entrambe, a parte mia madre.
Ma lei se ne stava andando per sempre. Non per sua scelta.
Io mi rifugiai nelle parole.

Gabi era il mio nome tedesco. Oggi preferisco la versione italiana, con la durezza della “erre”. Mi ci sono sempre più abituata, insieme al leitmotiv:

“C’è da scrivere? Chiama lagabri!”.  Così come lo vedi, tutta una parola.

“Ogni cosa nella vita può essere scritta se hai il fegato di farlo,
e l’immaginazione per improvvisare. 
Il nemico peggiore della creatività è l’insicurezza.”
(Sylvia Plath)

Scrivere per gli altri significa innanzitutto capacità d’ascolto, zero narcisismo e parecchia empatia.
E una certa predilezione per il “dietro le quinte”.
Mettere da parte l’egocentrismo per stare attenta ai bisogni di chi mi circondava è una lezione che ho imparato presto. Ne andava della mia autostima, e non solo.
Da lì in avanti è stata pura ripetizione: imparata l’arte, non potevo che metterla da parte e affinarla.

Sei qui per capire se puoi fidarti. Se è il caso, nel vasto quanto ingannevole mare del web, di scegliere proprio me, piuttosto che un altro. Da uno schermo ci si può “annusare” soltanto seguendo l’istinto che ci rimandano le immagini e, di nuovo, le parole. Io, in proposito, posso solo aggiungere che scrivere è l’unica cosa che so fare bene. 
Scrivo da più di trent’anni, per me e per gli altri.

Come lo faccio? Visita il mio portfolio troverai alcuni esempi di quello che ho scritto sia per lavoro, sia pro bono (ebbene sì, il volontariato è importante!), sia per passione.

C’è un altro motivo per cui posso fare al caso tuo: sono vecchia. Ne ho viste e affrontate tante, a livello lavorativo e personale. Saprai che le esperienze, più sono dure, più sono formative.  Oggi si direbbe che sono resiliente, ma è una parola un po’ troppo di moda.
Sono resistente, questo sì.
È un mondo difficile, ma la vita è bella e sono grata per ogni raggio di sole.
E quando non si vedono che nuvole… resisto.

Fra le tante persone che ho incontrato,
qualcuna ha scritto due righe di 

Come dici? Manca il curriculum?
Per quello puoi scandagliare il mio profilo LinkedIn! 
o scaricare il pdf con la versione breve.