Chiaroscuri – Storie di luci, d’ombre e di bugie – (Racconti)

Quella che segue è l’introduzione, scritta nel 2004, a questo mio libro di racconti di varia umanità, che puoi scaricare gratuitamente, risalenti allo stesso periodo. In tempi recenti forse avrei descritto la mia passione per la scrittura in toni più misurati, ma per la verità l’unica cosa che è cambiata in me è la mania dell’ordine.
Sono più rilassata: come dice mia figlia, anche se esco lasciando i piatti da lavare, la casa non crollerà.
Buona lettura!

***

Succede qualche volta, parlando di tutto e di niente, che qualcuno mi chieda come passo il mio poco tempo libero. E qualche volta – se l’interlocutore è in qualche modo speciale – succede che io dica:
“Beh, leggo… e quando ho tempo scrivo.”
Di solito a questa affermazione, che nonostante tutta la mia passione per le parole sento ancora un po’ presuntuosa, segue uno sguardo lievemente interrogativo, una domanda inespressa.
“Scrivere…? Perché?”
Ma forse è solo un’impressione sbagliata.
In ogni caso è – anche per me – una domanda senza risposta.
Scrivo perché scrivere mi rende felice, perché non c’è nient’altro che io sappia fare per creare qualcosa di davvero mio, perché le parole sono pesci o uccelli o fiori o nuvole che attraversano il mio cielo personale, il mio mondo, le mie emozioni…
Scrivo perché sono viva e perché ho voglia di pensare.
Scrivo perché in un mondo dominato dall’immagine televisiva, dai reality show, dall’urlo inconsistente e volgare che si alza da ogni dove distorcendo la realtà, ho bisogno di creare un nuovo ordine dentro di me, seppure fittizio e momentaneo: l’ordine delle parole.
Scrivo perché la scrittura è comunicazione, anche se pochi sembrano ricordarlo.
E scrivo, soprattutto, perché le parole sono arte e magia.
Quale altro mezzo è in grado di materializzare, con il semplice accostamento di vocali e consonanti, la trasmissione a distanza del pensiero ?
Io scrivo “libellula”, nient’altro, e ognuno vede la sua.
Quale altro mezzo è musica, passione, intento, visone ?
Nessuno, per me.
E’ vero, il mio tempo libero è poco: ho una figlia, un amore, degli amici, un lavoro impegnativo, e come non bastasse il bisogno assurdo eppure incontrollabile che tutto sia sempre perfetto, l’ossessione dell’ordine: nessuna domestica potrà mai accontentarmi.
Ma quando scrivo i piatti possono aspettare, e guai se non ci fossero gli orari di un ufficio a richiamarmi alla realtà.
Quando scrivo, l’unica realtà che conta è il suono armonioso delle parole che costruiscono una storia.
Quando scrivo posso far vivere dal nulla nuovi mondi, evocare o placare, ridere o piangere.
C’è sempre un po’ di me che se ne va, c’è sempre il rischio di perdersi in una dimensione mentale che taglia fuori tutto e tutti. E quando torno alla realtà, quella vera, monotona, deludente e qualche rara volta anche gioiosa, mi sorprende pensare che, per quanto scriva, non è cambiato nulla.
No, poche righe non cambiano la difficoltà del vivere. Tutte le cose che non mi piacciono sono ancora lì, inalterate.
Ma le emozioni che nutrono le storie restano, brillanti e vive, nel bianco e nero di ogni singola frase buttata sulla carta.
Chiaroscuri, come ogni singola esistenza.

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